Monday, May 01, 2017
A Mass of Pretentious Babblers
Antonio Gramsci (1891-1937), "Socialism and Culture," Selections from Political Writings (1910-1920), tr. John Mathews (London: Lawrence and Wishart, 1977), pp. 10-13 (at 11):
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We need to free ourselves from the habit of seeing culture as encyclopaedic knowledge, and men as mere receptacles to be stuffed full of empirical data and a mass of unconnected raw facts, which have to be filed in the brain as in the columns of a dictionary, enabling their owner to respond to the various stimuli from the outside world. This form of culture really is harmful, particularly for the proletariat. It serves only to create maladjusted people, people who believe they are superior to the rest of humanity because they have memorized a certain number of facts and dates and who rattle them off at every opportunity, so turning them almost into a barrier between themselves and others. It serves to create the kind of weak and colourless intellectualism that Romain Rolland has flayed so mercilessly, which has given birth to a mass of pretentious babblers who have a more damaging effect on social life than tuberculosis or syphilis germs have on the beauty and physical health of the body. The young student who knows a little Latin and history, the young lawyer who has been successful in wringing a scrap of paper called a degree out of the laziness and lackadaisical attitude of his professors — they end up seeing themselves as different from and superior to even the best skilled workman, who fulfils a precise and indispensable task in life and is a hundred times more valuable in his activity than they are in theirs. But this is not culture, but pedantry, not intelligence, but intellect, and it is absolutely right to react against it.
Bisogna disabituarsi e smettere di concepire la cultura come sapere enciclopedico, in cui l'uomo non è visto se non sotto forma di recipiente da empire e stivare di dati empirici; di fatti bruti e sconnessi che egli poi dovrà casellare nel suo cervello come nelle colonne di un dizionario per poter poi in ogni occasione rispondere ai vari stimoli del mondo esterno. Questa forma di cultura è veramente dannosa specialmente per il proletariato. Serve solo a creare degli spostati, della gente che crede di essere superiore al resto dell'umanità perché ha ammassato nella memoria una certa quantità di dati e di date, che snocciola ad ogni occasione per farne quasi una barriera fra sé e gli altri. Serve a creare quel certo intellettualismo bolso e incolore, cosí bene fustigato a sangue da Romain Rolland, che ha partorito tutta una caterva di presuntuosi e di vaneggiatori, piú deleteri per la vita sociale di quanto siano i microbi della tubercolosi o della sifilide per la bellezza e la sanità fisica dei corpi. Lo studentucolo che sa un po' di latino e di storia, l'avvocatuzzo che è riuscito a strappare uno straccetto di laurea alla svogliatezza e al lasciar passare dei professori crederanno di essere diversi e superiori anche al miglior operaio specializzato che adempie nella vita ad un compito ben preciso e indispensabile e che nella sua attività vale cento volte di piú di quanto gli altri valgano nella loro. Ma questa non è cultura, è pedanteria, non è intelligenza, ma intelletto, e contro di essa ben a ragione si reagisce.